BIODANZA IN CARCERE: LA MIA ESPERIENZA

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BIODANZA IN CARCERE: LA MIA ESPERIENZA

Manuela Levi Biodanza facilitatrice di Biodanza e pedagogista
Pubblicato in articoli · 13 Febbraio 2020
Tags: biodanza
  
BIODANZA IN CARCERE: UN'ESPERIENZA STRAORDINARIA

Dopo mesi di attesa il progetto finalmente è partito. La burocrazia è stata lunga: autorizzazioni, documenti, richieste, elenchi di materiale... e molto altro, ma finalmente la tanto attesa autorizzazione è arrivata. Si comincia!!
Curiosità, entusiasmo e... un po' di timore. Mi risuonano le parole di alcuni amici: “ma come? Due donne così poco yang (sarà un complimento per dirci che siamo femminili??) in un carcere maschile, in mezzo a 15 uomini grandi e grossi a proporre loro di danzare...
E allora qualche dubbio in effetti mi è venuto.
… E se non la chiamassimo Biodanza? E se non portassimo solo Biodanza ma la integrassimo con esercizi “meno affettivi” presi da altre tecniche?
Arriva il giorno fatidico. Io e Daniela, la mia compagna di avventura, ci presentiamo all'appuntamento accompagnate dai nostri timori e dalla nostra “cassetta degli attrezzi” piena di possibili proposte.  
Dopo essere passate da una serie di controlli attraversiamo lunghi e interminabili corridoi con le sbarre alle finestre. Ci allontaniamo sempre di più dall'entrata. Arriviamo ad un grande teatro. Sarà la nostra palestra, faremo la sessione sul palco, meno male che c'è il parquet a terra...
Iniziamo ad attivarci, accendiamo il computer, proviamo la cassa, tutto funziona bene, meno male.
Ad un certo punto dal fondo del teatro li vediamo arrivare. Eccoli i nostri “allievi”. Arrivano in fila accompagnati da una guardia. Ci guardano incuriositi. Dovevano essere una quindicina, ma per il momento si sono presentati in nove. Va bene così per iniziare. Alcuni sono italiani, altri stranieri. Li salutiamo e chiediamo loro di salire sul palco, faremo lì la sessione. “Se volete potete togliervi le scarpe” diciamo. Accolgono la proposta senza nessun problema. Poi chiediamo loro di sedersi in cerchio insieme a noi a terra. “Ma poi chi ci lava i Ivestiti?” chiede scherzosamente uno di loro... In effetti il pavimento non è molto pulito, ma ce ne dimentichiamo subito tutti.
Facciamo un giro di nomi chiedendo  anche la città di provenienza. Poi Daniela chiede loro se conoscono la Biodanza e quali sono le loro aspettative. No, nessuno conosce la Biodanza, “ma se è BIO farà bene dice scherzando R., il più loquace del gruppo.
Aspettative? Uscire dalla routine del carcere, fare finalmente qualcosa di diverso, rilassarsi, non pensare per un'ora alla loro situazione, svagarsi, muoversi, ascoltare la musica...
E allora iniziamo, sono tutti curiosi.
Ma come possiamo iniziare? Daniela consiglia di non usare la parola “ronda”, potrebbe suscitare ricordi spiacevoli. E allora iniziamo con un cerchio. Chiediamo loro di mettersi in cerchio, senza tenersi per le mani per il momento, e di attraversarlo scambiandosi un gesto con la mano, tipo give me five. Aprezzano e seguono volentieri la consegna. Cominciano ad entrare in connessione con il ritmo, sorridono... e io tiro un sospiro di sollievo.
E allora andiamo avanti così. Mettiamo una musica brasiliana allegra per una camminata, poi ci viene un'idea. Proviamo ad usare una musica ritmica che probabilmente conoscono. Mettiamo “We will Rock You” dei Queen. Scelta azzeccata, gli piace, la cantano. La consegna è di camminare battendo il ritmo con le mani sul proprio corpo. Eseguono la consegna ma vanno oltre: iniziano autonomamente a fare il “battipalmi” e pensare che sarebbe stata la nostra successiva proposta secondo la scaletta! Cambiamo musica e andiamo avanti con il battipalmi facendo molti cambi. Ridono, danzano, sperimentano.
A questo punto Daniela mi dice che le sembrano pronti per una danza individuale. Non l'avevamo messa in preventivo, ma il loro bisogno di muoversi è evidente. Scegliamo al volo una musica ritmica facile da danzare, che probabilmente conoscono: Baila Morena di Zucchero. Scelta azzeccata. Danzano tutti con entusiasmo e allegria, da soli, a due, in piccoli gruppi... e alla fine scatta l'applauso spontaneo, non richiesto da noi, quindi ancor più apprezzato.
Guardiamo l'orologio: è passato più della metà del tempo a nostra disposizione.
Daniela propone allora di iniziare la seconda parte della sessione. Spiega ai ragazzi che dopo un tempo di attivazione è sempre necessario un tempo di riposo. Usando parole semplici spiega loro la curva di Biodanza. Tutto chiaro.  
Proponiamo loro una estensione armonica. “Che bello” dice R. dopo aver visto la dimostrazione, “sembra come stirarsi al mattino quando mi sveglio”... ha capito benissimo il concetto!
A seguire proponiamo un segmentario delle spalle. Si rilassano, rallentano i movimenti, stanno in silenzio e addirittura chiudono gli occhi. Abbassiamo le luci. I loro volti sono sereni e rilassati.
E allora Daniela si avvicina lentamente a me e mi sussurra: “secondo me sono pronti per una ronda di culla. Che ne dici, osiamo?”. Non avevamo assolutamente messo in preventivo di fare una ronda di culla la prima sessione, ma sì, concordavo con Daniela, guardandoli sembravano proprio pronti.
E così abbiamo proposto una ronda (cerchio...) di culla, preferendo presi per le spalle piuttosto che per le mani o per la vita. Mi sono emozionata percependo la delicatezza e l'intensità con le quali hanno vissuto questa proposta. Meraviglioso.
E così il tempo a nostra disposizione è finito. Breve attivazione e nome in cerchio con applauso del gruppo dopo ogni nome.
Rimane solo lo spazio per qualche domanda. Prima domanda: “ma questa cosa bella la proponete solo in carcere?” chiede uno dei ragazzi. “No”, rispondiamo noi, “la Biodanza è diffusa in moltissimi contesti diversi in tutto il mondo”. Seconda domanda: “ma tornate? O ci vediamo solo oggi?”. “Torneremo tutte le settimane per 12 sessioni. Se volete ci vediamo la settimana prossima” rispondiamo noi. “Sì, verremo”, risponde R. “e io inviterò anche i miei compagni di cella!”
Ma le soddisfazioni non finiscono qui. Prima di andare via si è avvicinata a noi la guardia che ha assistito per regolamento a tutta la sessione e ci ha detto: “complimenti ragazze, avete fatto un lavoro meraviglioso. Peccato che sono in servizio, altrimenti avrei partecipato. Anzi, se un giorno finisco prima di lavorare mi unisco a voi”.  
Che meraviglia.  
Sento profonda gratitudine per Rolando Toro che ha ideato un sistema così meraviglioso.
I dubbi iniziali si sono dissipati. Abbiamo portato in carcere Biodanza pura, senza cambiarle nome e senza il bisogno di portare esercizi altri.
Un grande grazie a Daniela Rao che mi ha coinvolta in questo bellissimo progetto e a Laura che ha lavorato affinchè il progetto venisse approvato.
E un grazie speciale ai ragazzi del carcere di Torino, i nostri allievi, che si sono fidati e affidati.










Manuela Levi
349.7826633
manuela.levi71@gmail.com

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