La teoria polivagale di Stephen Porges

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La teoria polivagale di Stephen Porges

Manuela Levi Biodanza facilitatrice di Biodanza e pedagogista
Pubblicato da redazione in articoli · 21 Novembre 2019
Tags: Biodanzaneuroscienze
Nel mese di Settembre la Scuola di Biodanza di Roma ha organizzato il terzo incontro nazionale di Biodanza. A questa interessante manifestazione hanno partecipato, come conferenzieri, diversi esperti. In quella occasione ho sentito più volte nominare la Teoria Polivagale e ho deciso quindi di approfondire questo interessante argomento.

Si tratta di un argomento molto complesso quindi mi perdoneranno i professionisti se ho usato termini molto semplici per renderlo più comprensibile ai non addetti ai lavori.

Quando incontriamo un pericolo il nostro il nostro sistema nervoso autonomo (chiamato così in quanto indipendente dalla nostra volontà) si attiva per fronteggiarlo.
Il sistema nervoso autonomo è formato da due sistemi antagonisti: il sistema simpatico e quello parasimpatico. I due sistemi si alternano permettendo una fluttuazione tra attivazione per rispondere ai pericoli (sistema simpatico) e ritorno alla quiete, all'omeostasi (sistema parasimpatico).

La teoria polivagale è stata elaborata nel 2014 dal neurofisiologo Stephen Porges. Questa teoria ha evidenziato che il sistema parasimpatico è composto da due circuiti appartenenti a periodi diversi della nostra storia filogenetica: quello ventrovagale (più recente) che guida i muscoli del viso, della voce e del respiro, e quello dorsovagale (più antico) che mantiene l'equilibrio e il controllo delle funzioni viscerali di base (stomaco, intestino, colon, vescica).

In condizioni di pericolo il primo ha un effetto calmante sul cuore, riduce il livello di attivazione del sistema simpatico e promuove comportamenti sociali, mentre il circuito più antico ha una sola reazione possibile: il collasso.

Questo significa che nell'essere umano il sistema nervoso autonomo risponde ai pericoli presenti nell'ambiente attivando gradualmente i tre livelli di difesa di cui dispone.
Dapprima reagisce con risposte che vengono dal gradino evolutivo più recente, quello parasimpatico ventrovagale: la persona sorride, cerca di "conquistare" l'interlocutore e potenziale nemico. Se queste non bastano a metterci al sicuro, entra in azione il sistema simpatico: la persona contrae i muscoli, accelera il battito cardiaco e la respirazione e si mette in assetto da difesa, attaccando o fuggendo. Se neppure queste risposte sono utili, si attivano le risposte ancora più primitive, quelle mediate dal parasimpatico dorsovagale: la persona collassa.

Quando il sistema nervoso autonomo è continuamente impegnato in attività difensive, come può accadere in situazioni di stress prolungato, viene a mancare in modo cronico e potenzialmente dannoso per la nostra salute l'alternanza armonica tra carica e scarica (simpatico e parasimpatico).

Il sistema parasimpatico ventrovagale come evidenziato è quello in grado di attivare comportamenti di affiliazione e vicinanza, di collaborazione e di aiuto reciproco. Quest'ultima branca è attiva solo in condizioni di sufficiente sicurezza ed è quella più legata ai comportamenti di attaccamento e di cooperazione tipici degli esseri umani.
 
Il comportamento di attaccamento, è una forma di comportamento istintivo che si sviluppa nell'uomo e in altri mammiferi nell'infanzia, ed ha come movente e scopo la vicinanza della figura materna. La funzione del comportamento di attaccamento è quella di protezione dai predatori. Il comportamento di attaccamento si manifesta in modo particolarmente intenso nell'infanzia, diretto verso le figure dei genitori, ma continua ad essere presente anche in età adulta, diretto in questo caso verso una figura attiva e dominante, ma a volte anche a un datore di lavoro, un personaggio importante della comunità...

Esiste dunque una reazione simpatico-adrenergica responsabile delle nostre risposte di mobilizzazione (attacco/fuga), ma c'è anche una reazione dorsovagale che quando è attiva in condizioni di sicurezza ha il ruolo fondamentale di mantenere l'omeostasi.

La teoria polivagale sottolinea che quando il nostro sistema nervoso autonomo è continuamente impegnato in attività difensive, come può avvenire in situazioni traumatiche o di stress prolungato, queste stesse possono diventare dannose per la nostra salute fisica e mentale poiché viene a mancare in modo cronico l'equilibrio tra le diverse branche del sistema nervoso autonomo.

Il circuito ventrovagale (il più recente nello sviluppo filogenetico dell'uomo) ha un effetto calmante e frenante perchè frena l'attività del simpatico; il battito cardiaco decelera, il respiro diventa più lento e profondo. Questo significa che un individuo in interazione sociale può stabilizzare la sua condizione neurofisiologica: se l'ambiente viene percepito come sicuro le risposte di difesa vengono inibite e la condizione di sicurezza che deriva dalla relazione si riflette nelle sensazioni viscerali.

Il circuito ventrovagale ci permette, quando siamo in condizioni di sicurezza, di promuovere altra sicurezza; noi intercettiamo questi segnali attraverso l'interazione sociale, decodificando in modo istintivo messaggi che derivano dal contatto oculare e dalla voce, inviando segnali di risposta, entrando in relazione.

Concludendo mi sento di affermare che la teoria polivagale insegna a tutti noi che lavoriamo nella promozione della salute quanto sia importante offrire ai nostri allievi ambienti qualificanti, sicuri dove regnano ascolto, accettazione e rispetto.

articolo tratto da:
intervista a Stephen Porges





Manuela Levi
349.7826633
manuela.levi71@gmail.com

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